TARASSACO USI MEDICINALI E ALIMENTARI: monografia della dr.ssa Mariotti Isabella


Il Taraxacum officinale è una pianta erbacea perenne di tipo spermatofita dicotiledone appartenente all’ordine delle Asterales e alla famiglia delle Astaraceae (ex Composite) dall’aspetto di piccole erbacee dal tipico capolino radiato giallo. Comunissima e universalmente nota, copiosamente presente in tutti i periodi dell’anno nei luoghi prativi soleggiati di quasi tutta Italia, assai comune nei luoghi erbosi e fra i selciati, è alta da 5 a 50 cm. Impossibile non notarla in primavera quando forma delle macchie gialle compatte nei campi verdeggianti di tenera erba, ed è facile incontrarla in un prato fiorito, all’inizio dell’estate, quando fruttifica in una palla rotondeggiante piumosa, con i semi che si staccano facilmente ad ogni colpo di vento, tipico esempio di disseminazione anemofila. È il seme, infatti, che, sfruttando la forza motrice dell’aria e per la sua forma a “paracadute rovesciato”, può assicurare la continuità della specie, disperdendosi anche molto lontano dalla pianta madre. Il Tarassaco è una pianta a stelo nullo, con foglie basali di forma oblungo-lanceolate, pennatifide runcinate o sinuato-dentate, profondamente incise e frastagliate di festoni triangolari, dentate lisce, verdi, lunghe cm 10-20, folte, glabre, che in primavera sono disposte in rosetta radicale, da cui prendono origine, innalzandosi, le sommità fiorali con scapi eretti e vuoti. I peduncoli basali fistolosi, cavi, alti in media cm. 20-30, possono raggiungere i 45-50 cm. circa; l’involucro è quasi campanulato con numerose serie di scaglie verdi. Capolini di 2.5-5 cm di diametro, solitari, terminali, con numerosi fiori color giallo oro, ligulati, con linguetta stretta e troncata, a forma di grande capolino solitario, contornato da brattee verdi su un lungo peduncolo radicale, liscio e cavo, involucro su due ranghi, quello inferiore a caliceto, che si trasforma in globo piumoso di acheni ovali acuminati bruno-grigi, sormontati da un nutrito ciuffo sferoidale di piumaggio setoloso biancastro-argenteo, facilmente liberati dal vento, con un seme di due cotiledoni fogliacei per achenio. Intorno al calice sfiorito, il fiore si trasforma poi in una soffice bolla cotonosa (frutti) formata dai semi maturi riuniti in masse piumose, i cui pappi volano al minimo alitare del vento e che soprattutto i bambini si divertono a far volar via con un energico soffio. Con un buon anticipo sula primavera i suoi dorati fiori ricoprono letteralmente interi prati. La pianta fiorisce infatti da febbraio a novembre e a volte, nei luoghi meno esposti, si verificano fioriture anche in pieno inverno. I fiori sono chiusi di notte, ma subito aperti al sorgere del sole. I semi sono degli acheni grigio-blu, ovoidali, un poco spinosi alla sommità, sub-compressi, acuminati, sormontati da un’appendice filiforme terminata da un pappo bianchiccio con raggi a guisa di ombrello rovesciato che formano nell’insieme un fragile piumetto globoso. La trasformazione del fiore del tarassaco ispirò il celebre scienziato e geografo Elisée Reclus che ebbe a scrivere: “Questo frutto ch’è un sole diventa una via lattea, un mondo di astri, dopo la fioritura”. Rizoma con radice cilindrica affusolata, spessa, carnosa, grossa quanto un dito, abbastanza lunga e fittonante, semplice o poco ramificata, color grigio-bruna o bruno rossastra o bruno-nerastra all’esterno e biancastra internamente e succulenta al taglio che secerne un lattice bianco. Quando invecchia la radice si divide in vicinanza del colletto in molte teste brune. Odore erbaceo, sapore amarognolo ma non sgradevole. La pianta recisa o scalfita emette, da tutte le sue parti, un lattice bianco e amaro che una volta sulla pelle diventa una sorta di colla scura e appiccicosa. La droga è costituita dal rizoma essiccato e dalla radice. Come rimedio popolare e casalingo si usano talvolta anche le foglie, i fiori e gli steli fioriti.

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